Feudo Arancio: il caso spostato a Trento

Cari Amici, dopo insistenti richieste di avere numi sull’evolversi della vicenda Feudo Arancio (vedi qui), vi pubblico le ultime. Di cui devo leggere anche io perché essendo questioni giudiziarie non ho i contatti e le competenze per scriverne…

Acate – Feudo Arancio “vola” a Trento. L’inchiesta sui presunti illeciti e truffa nell’azienda acatese per la produzione di vini è di competenza della magistratura trentina. Lo ha deciso il Tribunale della Libertà chiamato a decidere sul ricorso presentato dai legali della società trentina Fta, proprietaria del vasto ex feudo, in passato tristemente noto per essere stato di proprietà, per un periodo a cavallo tra gli anni 80 e 90, di personaggi che gravitavano nell’ambito di Cosa Nostra palermitana. In particolare l’azienda aveva fatto capo ai cugini Salvo, gli esattori di Salemi ed a personaggi vicini a Matteo Messina Denaro. Successivamente, l’azienda ha cambiato proprietario.

Due mesi fa, il 26 luglio, un’operazione della Guardia di Finanza aveva portato a scoprire un presunto illecito e truffa, in danno dell’Unione Europea. L’operazione di compravendita dell’azienda, che aveva visto coinvolte le aziende Future Tecnologie bAgroambientali, di Acate, il gruppo Mezzocorona spa e l’attuale proprietario, la Fta con  il suo legale rappresentante Fabio Rizzoli, sarebbe avvenuti in maniera anomala.

L’azienda avrebbe acquistato la cantina del “Feudo Arancio” da una società appartenente al suo medesimo gruppo societario. In particolare, la società acquirente e quella cedente fanno riferimento agli stessi proprietari: la famiglia Rizzoli. Gli accertamenti si sono concentrati su tre società del al gruppo Mezzocorona Spa, una di Acate e due del Trentino-Alto Adige. L’operazione  “Old Tower” portò alla denuncia di otto persone.

Tra questi, ci sarebbe anche un funzionario di Banca Nuova, che aveva curato l’istruttoria e l’erogazione dei contributi. Gli indagati, secondo le Fiamme Gialle, avrebbero prodotto documenti falsi e fatture per operazioni inesistenti.

Ora, però, la sezione penale del Tribunale di Ragusa ha stabilito l’incompetenza territoriale dei magistrati ragusani: infatti, il procedimento penale è di competenza dei magistrati di Trento, perchè lì si sarebbero svolti gli atti di compravendita e lì sarebbe avvenuto il vero o presunto passaggio di denaro, che poi avrebbe portato all’erogazione del contributo di 4,3 milioni di euro che, secondo gli inquirenti, non sarebbe spettato in quanto gli investimenti erano fittizi.

I magistrati spiegano che “gli artifici e raggiri sono consistiti nella stipula dei due contratti di compravendita tra le società succitate (NOSIO S.p.a. – Villa ALIBUS Soc. Agr. a.r.l. – F.T.A. S.r.l.), in data 29.03.2005, in territorio di Trento”. Di conseguenza – spiega la Guardia di Finanza che ha condotto l’inchiesta – “il conseguente ingiusto profitto si è verificato in territorio di Trento essendo state in concreto versate le prime due quote di tale contributo mediante l’emissione di un mandato di € 2.911.124,00 da accreditarsi a sul c/c Bancario………. intestato ad F.T.A. S.r.l. presso la Cassa di Risparmio di Bolzano – Agenzia di Trento”.

Entro metà ottobre la documentazione dovrà essere trasmessa al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Trento, che ora ha la competenza sull’intera inchiesta.

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