Dodici cibi orientali assolutamente da mangiare per stare bene

Dal ravanello anti-aging al rafano orientale depurativo, dal Kimchi scaccia-colesterolo al brodo dell’amore, il Ramen, ecco dodici cibi da consumare per stare bene secondo Andrea Calvo, esperto di ristorazione asiatica.

Vediamoli.

KIMCHI (Corea)
E’ un piatto tradizionale coreano preparato con verdure fermentate e spezie. Esistono tantissimi tipi di kimchi, ma il fulcro è sempre costituito dalle verdure in salamoia a cui vengono addizionati spezie ed altri ingredienti. Il più diffuso è quello preparato con le foglie di cavolo cinese lasciate a fermentare in salamoia per circa una settimana insieme a zenzero, aglio, peperoncino rosso e frutti di mare salati. Il preparato ottenuto è usato per essere consumato insieme ad altri alimenti, in particolare il riso. Per i coreani, kimchi e riso possono accompagnare a loro volta pesce o carne, creando un piatto unico completo e bilanciato. Dal punto di vista nutrizionale, contiene elevati dosi di lattobacilli (presenti negli yogurt) che aiutano ad abbassare l’acidità e a eliminare i batteri nocivi e pericolosi . Proprio per questa sua funzione gli sono state attribuite proprietà antitumorali, soprattutto in difesa del colon. Inoltre è un potente antiossidante, grazie alla presenza del peperoncino, ricco di vitamine A, B e C . L’alto contenuto di fibre contribuisce a ripulire il corpo dal colesterolo in eccesso oltre che a contribuire al corretto funzionamento della flora intestinale. E’ indicato per chi segue diete ipocaloriche.

YUZU (Giappone)
E’ un agrume che appartiene alla famiglia delle Rutacee. Il suo nome scientifico è Citrus reticulata var. austera ed è coltivato in Cina, ovvero nelle zone di origine, ma soprattutto in Giappone, specialmente nell’isola di Shikoku. Metà della produzione nazionale di questo agrume proviene dalla Prefettura di Kochi, nella regione di Shikoku, omonima dell’isola. La presenza dello yuzu è alla base di molte preparazioni culinarie, a partire dalle salse, come la nota Ponzu a base di soia. Il sapore acidulo e leggermente fruttato dello yuzu si accompagna ottimamente al pesce e si apprezza mescolato con altri ingredienti, ad esempio nelle insalate di gamberi. Molto amato è l’accostamento con il piccante, come nella pasta salata di yuzu, che rappresenta un tradizionale accompagnamento al sushi, a piatti di pasta o alle zuppe. In Korea si produce un’ottima marmellata con questo agrume, utilizzabile anche per torte e gelatine. I frutti di yuzu hanno le stesse proprietà nutrizionali degli agrumi, differenziandosi per un contenuto di vitamina C doppio rispetto a quello delle arance. Ritenuti utili contro i malanni dell’inverno e per lenire i danni della pelle, di recente il loro albedo (strato interno della buccia) e flavedo (parte esterna) sono studiati come antinfiammatori per prevenire la gastrite e come antiossidanti per combattere i radicali liberi. I bagni caldi con i frutti interi immersi a rilasciare le essenze contenute nella scorza hanno un piacevole effetto rilassante e rappresentano un’usanza molto amata dai giapponesi, che festeggiano in questo modo il solstizio invernale.

DRAGON FRUIT (Malesia, Vietnam, Thailandia, Indonesia, Filippine, Sri Lanka e Cambogia)
L’Hylocereus undatus è una pianta appartenente alla famiglia delle Cactaceae ed è nota per il suo singolare frutto: il dragon fruit. La sua coltivazione è estesa a tutte le aree dal clima tropicale, in particolare in Asia, dove abbonda tra Malesia, Vietnam, Thailandia, Indonesia, Filippine, Sri Lanka e Cambogia. A tutti gli effetti una pianta grassa, questa varietà condivide alcuni elementi delle famiglie rampicanti. Il frutto, chiamato pitaya o dragon fruit, presenta un caratteristico involucro di colore rosso, giallastro oppure tendente al marrone e al violaceo, da cui spuntano alcune appendici carnose estese verso l’esterno, tanto da ricordare una fiamma (da cui il nome “frutto del dragone”). La polpa, morbida e dalle tinte chiare, ricorda quella di un kiwi perché ricca di piccolissimi semi neri commestibili e si consuma sia fresca, sia lavorata come ingrediente per le più svariate ricette. Considerato il ridotto apporto calorico, nonché l’elevato contenuto di fibre, il dragon fruit è un alimento ideale per regimi ipocalorici. Le fibre, infatti, favoriscono il senso di sazietà, gestiscono i livelli di zuccheri nel sangue e contribuiscono al corretto svolgimento dell’attività intestinale, garantendo una migliore regolarità. Le grandi quantità di acqua contenute nel frutto, invece, incentivano l’idratazione e la diuresi, con effetti diretti anche sull’ipertensione, riducendo la pressione sanguigna e scongiurando l’accumulo eccessivo di colesterolo.

MU EHR E SHITAKE (Cina, Giappone, Vietnam)
Il mu ehr, scientificamente Auricularia Auricula-Judae, è conosciuto nel mondo con il nome di “orecchio di giuda” per via della forma caratteristica. In Cina si chiama “Orecchio del legno”, in Giappone “Medusa dell’albero”, mentre in Vietnam “Orecchio di gatto”. In Italia lo conosciamo come “Orecchio di cane” oppure “Cuore profumato”. In Cina, Giappone e Vietnam viene consumato principalmente in zuppe e in abbinamento con il riso. Questo fungo può essere consumato crudo, ma si presta anche ad essere essiccato. A tal proposito, è sorprendente notare come da secco sia in grado di riprendere la sua forma e consistenza originale appena viene reidratato. Ricco di proteine, contiene importanti minerali quali: calcio (357 mg su 100 g), potassio, fosforo e ferro. Non solo, è importante anche per le quantità di vitamine del gruppo B, B1 e B2 in particolare, e per i polipeptidi. Contiene infine la provitamina D, betacarotene e polisaccaridi. Ha una straordinaria capacità di assorbimento e accumulo di rame dal terreno. Gli Shiitake si presentano come dei tappi marroni dal diametro variabile. Il nome deriva dal giapponese “Shii”, il tipo di albero sul quale crescono, e “Take”, fungo. Vengono tradizionalmente aggiunti alla zuppa di miso o al brodo per la preparazione dei Ramen, oppure serviti come contorno o condimento per pollo, manzo, agnello e selvaggina. Dal punto di vista nutrizionale, i funghi shiitake sono considerati buone fonti di proteine vegetali, sono ricchi di minerali come potassio, sodio, fosforo, magnesio, alluminio, calcio, zolfo e ferro e presentano grandi quantità di vitamine del gruppo B. Ai funghi shiitake vengono attribuite anche proprietà di protezione del fegato e contribuiscono all’abbassamento dei livelli di colesterolo nel sangue, oltre che di contrastare la carie e l’arteriosclerosi.

MISO (Giappone)
Il miso è un condimento a base di soia gialla, orzo o riso, che viene lasciato fermentare in recipienti di legno per diversi mesi, in alcuni casi anche anni. Assume diverse colorazioni, dal giallo crema al marrone molto scuro, aumentando con la stagionatura il proprio aroma. Si possono individuare tre principali tipi di miso: quello d’orzo (muji miso), quello di riso (kome miso) e quello di sola soia (hacho miso). Grazie alla presenza di enzimi, lacttobacilli e lieviti, il miso svolge un’efficace azione di stimolo per la digestione. Si usa, sciolto con un po’ d’acqua, come base per minestre e zuppe, che possono essere servite calde e arricchite con verdure (ortaggi in foglie, patate, radici di daikon, cipolle e altro), alghe marine o tofu.

Tè MATCHA (Giappone)
E’ una bevanda che si ottiene da alcuni tipi di foglie di tè verde che vengono prima essiccate e poi polverizzate in modo da ottenere una leggerissima polvere della stessa consistenza della cipria. Esistono due tipologie di matcha : usucha, le cui foglie sono raccolte da piante più giovani di 30 anni, e il koicha che invece prevede l’uso di foglie di piante che superano i 30 anni. Si tratta in entrambi i casi di un tè speciale e prezioso tanto che sta alla base della cerimonia del tè codificata anche nel rituale buddista. Il tè matcha contiene concentrazioni importanti di Vitamina B1, B2 e C, oltre a beta carotene, polifenoli e caffeina. E’ ricco di antiossidanti e ha eccellenti proprietà digestive. Viene spesso utilizzato come spezia o colorante naturale nell’industria alimentare soprattutto per preparazioni dolciarie come mochi, gelati e biscotti.

DAIKON (Cina, Giappone)
Definito ravanello cinese, appartiene alla specie Raphanus sativus e può raggiungere dimensioni nettamente superiori rispetto al ravanello comune (fino a un metro di lunghezza inclusa la radice) con una media di 25-35 centimetri. La forma è allungata e il colore è biancastro, tanto che visivamente somiglia ad una grande carota. In Italia è poco conosciuto ed impiegato, mentre in Giappone è l’ortaggio base di molte preparazioni, consumato sia crudo (in insalata) sia cotto (in stufati oppure in zuppe). Lo caratterizza un elevato contenuto in vitamine, ed è una pianta molto nutriente perché, come il ravanello, concentra le sostanze nutritive prima della crescita effettiva della pianta, per cui costituisce una riserva di nutrimento per il lungo periodo di sviluppo, dalla radificazione alla foliazione.

WASABI (Giappone)
Le coltivazioni si dividono principalmente in due varietà: Daruma Wasabi, più scura e dal colore verde intenso, e Mazuma Wasabi, più chiara. Il Wasabi fresco, ovvero il più pregiato, è chiamato Honwasabi (wasabi originale) e, vista la difficoltà di coltivazione, è molto raro e costoso. In Giappone viene venduto generalmente in tubetti dalla “pasta” pronta all’uso, mentre la maggior parte dei ristoratori, per risparmiare, mischia abilmente il wasabi originale con la polvere di Rafano occidentale (Barbaforte o Rafano Rusticano). ll Wasabi è un ottimo digestivo e ha proprietà disinfiammatorie che si avvicinano a quelle del paracetamolo. E’ anche ricco di vitamina C e di antiossidanti, tant’è che è annoverato nell’immaginario collettivo tra i motivi alla base della longevità nipponica. Infine, è un depurativo per l’organismo: espelle le tossine e contribuisce a pulire il fegato. Le lavorazioni più sofisticate e dispendiose prevedono l’uso della radice grattuggiata, come in Italia si fa con i tartufi.

RAMEN (Giappone, Cina)
Si tratta di una zuppa di spaghetti di frumento (anche se qualcuno le chiama tagliatelle) accompagnata generalmente da elementi fissi: alcune fettine di arrosto di maiale, alghe marine secche, cipolotti, uova quasi sode e komaboko, ovvero un piatto giapponese preparato con surimi e pesce azzurro. Secondo tradizione, i ramen vengono divisi in quattro varianti in base al tipo di brodo: Shio (brodo chiaro e salato), Tonkotsu (realizzato con ossa di maiale), Shòyu (molto scuro, a base di pollo e verdura) e Miso. Ciò che conta per un buon ramen è in realtà il dashi, il brodo base nipponico, che aiuta a raggiungere l’umami, termine che in giapponese significa “saporito” e indica il quinto gusto (oltre a dolce, salato, aspro e amaro).

GINSENG (Cina)
Ginseng è un termine che deriva dal cinese “rensheng”, “uomo” in italiano, ed è utilizzato per indicare diverse specie di piante della famiglia delle Araliacee. In cucina viene impiegata la radice intera da grattugiare oppure in polvere, da aggiungere a brodi e zuppe. Viene anche lasciata invecchiare diversi mesi in liquori base (simili alle nostre grappe bianche) per ottenere una bevanda alcolica dal gusto simile a quello della liquirizia. E’ molto impiegata anche nella preparazione di dolci e bevande analcoliche rigeneranti. Il ginseng agisce a livello dell’asse ipotalamo-ipofi-sisurrene inducendo alla liberazione di cortisolo, l’ormone capace di migliorare la risposta allo stress psico-fisico. La sua azione riduce la formazione dei radicali liberi, causa dell’invecchiamento cutaneo. Agendo da antiossidante, limita i danni cellulari causa dell’invecchiamento precoce. Per questo motivo è spesso utilizzato l’estratto di ginseng per la creazione di prodotti cosmetici per il viso e per il corpo.

PANKO (Giappone)
“Panko” è un termine della cucina giapponese che indica una sorta di pangrattato utilizzato in moltissime ricette. E’ realizzato con una base di pane bianco (pane in cassetta senza crosta) e si è soliti utilizzarlo come panatura per fritti garantendo sapore, leggerezza e croccantezza. Rispetto al pangrattato occidentale, il panko è leggermente diverso: la procedura per la sua realizzazione prevede che venga inglobata un po’ di aria nell’impasto e che, una volta cotto, ne venga tostata e frullata la mollica. Il risultato è una panatura molto sottile che crea una superficie omogenea, come fosse un cuscinetto tra l’alimento e l’olio da frittura. Con questa procedura, i grassi eliminati non vengono riassorbiti e i piatti finali non si impregnano di olio, risultando più facilmente digeribili e ugualmente croccanti e gustosi. Può essere utilizzato su verdure, carni e pesce.

OLIO DI SESAMO (Giappone, Korea, Cina)
L’olio di sesamo è estratto dai semi della pianta di sesamo, in botanica Sesamum indicu, della famiglia delle Pedaliaceae. A seconda della procedura seguita, ovvero del livello di tostatura dei semi, l’olio può essere di un colore giallo chiaro e un sapore delicato oppure avere una colorazione e un gusto più intensi. La cucina cinese, come quella coreana, prediligono la versione più scura e saporita. L’olio di sesamo rappresenta uno dei condimenti base della cucina asiatica ed è utilizzato prevalentemente per saltare i cibi in padella e wok, soprattutto carne e verdure. Si usa anche per insaporire e raddensare salse, tipo quella usata per i gyoza giapponesi (ravioli di carne) o i dim sum cinesi (piccoli antipasti misti) che prevedono l’uso di salsa di soia e olio piccante di sesamo. L’olio di sesamo è ricco di acido oleico e di acido linoleico, fonte di acidi grassi essenziali omega 3 e 6. Contiene preziose vitamine con prevalenza di vitamina A, E, B1, B2 e B3. Infine contiene ben otto aminoacidi essenziali importanti per il cervello.

Andrea Calvo, 36 anni, è tecnico ed educatore alimentare. Laureato in Scienze Gastronomiche presso l’Università degli Studi di Pollenzo (classe Scienze e Tecnologie Alimentari), ha fatto della sua più grande passione una scelta di vita: l’oriente. Ha lavorato nel settore della ristorazione in Cina dal 2005 al 2008 e dal 2011 si occupa in Italia di importazione di prodotti alimentari asiatici (di provenienza per l’80% giapponese e per il 20% cinese), di cui è profondo conoscitore sia sul piano del gusto sia sul piano nutrizionale. Oriental è oggi un’idea e un logo. Un progetto di diffusione della cultura alimentare asiatica, firmato da Andrea Calvo, che prenderà corpo a Milano nelle prime settimane del 2018.

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