Cucine da incubo Italia | Prima puntata al Borgo Antico di Roma, ora Pane & Olio. Come va oggi il ristorante? Ecco il reportage

Dopo aver visto la prima puntata di Cucine da incubo Italia e aver pensato che comunque Cannavacciuolo proprio non mi torna come Ramsey Made in Italy, e con questo credo di fargli un complimento :), io è anche molti altri ci siamo chiesti: ma oggi, il Pane &Olio come va?!

È allora attingendo dalle mie svariate fonti, ecco la risposta, in questo servizio di Davide Maggio.

Andare a cena in un ristorante-pizzeria sapendo che solo pochi mesi prima è passato di lì Antonino Cannavacciuolo per girare la prima puntata di Cucine da Incubo, non è esattamente la stessa cosa che cenare nel posto in cui è stato Patrick Dempsey durante il suo passaggio a Roma. Psicologicamente, ovviamente. Anche perché il ristorante lavora solo di venerdì, sabato e domenica quindi viene qualche dubbio sul mancato successo dell’operazione risanamento. Vi diciamo subito che la nostra esperienza nella prima cucina da incubo non è stata un sogno. Ma andiamo con ordine…

All’inizio della cena, la speranza è che lo chef del ristorante sia un tipo facilmente impressionabile e che, mentre cucina, senta ancora la presenza di Canavacciuolo aleggiare nell’aria, magari con un coltello in mano. In cucina, almeno. Perché, a livello di marketing, è evidente che, qualcosa, nel processo di comunicazione tra il dare e ricevere consigli non ha funzionato. Pensate che siamo presuntuosi a dare giudizi sul marketing? E voi che direste se arrivaste in un ristorante il venerdì sera alle 21:30 e ci fosse solo un tavolo occupato e quel tavolo non fosse quello imperiale usato da Valeria Marini per i suoi 100 amici intimi ma un romantico tavolino da coppia? Ecco.

Il ristorante non si trova in quella che nel linguaggio comune viene identificata come una “strada di passaggio”. E sono proprio questi i casi in cui l’invenzione di Meucci risulterebbe particolarmente utile. E se non quella di Meucci, almeno quella del cellulare, che, se si lascia il numero sulla vetrina, poi, quantomeno, si dovrebbe tenerlo acceso. E va bene che il programma andrà in onda su un canale satellitare ma se pure un solo telespettatore romano si incuriosisse e volesse prenotare un tavolo, come farà?

Comunque, appena arrivati, ci guardiamo intorno. E’ evidente che ci sia stato un tentativo di “svecchiamento”. Certo riuscire a svecchiare, mantenendo i tavoli apparecchiati con il panno verde da poker, coperto da una tovaglia di carta plastificata gialla, allestita con una rosa rossa finta sopra, verrebbe difficile pure al chirurgo plastico di Ivana Trump, ma abbiamo apprezzato la grande parete con la lavagna per comunicare i piatti del giorno. Se li avessero pure scritti, avremmo apprezzato anche di più. Evidentemente però i proprietari hanno un problema con la forma scritta. Altrimenti avrebbero fatto stampare (o presentato) anche il menù e la carta dei vini. Ma d’altronde che bisogno c’è, visto che, ridotta l’offerta dei piatti, sia di carne sia di pesce, il cameriere può impararli a memoria? La scelta di vini bianchi è più o meno tra 4, quindi una carta per scriverli avrebbe solo gravato sul disboscamento della foresta amazzonica.

Per il resto, il passaggio di Antonino Cannavacciuolo ha portato i suoi frutti. L’accoglienza è stata gentile ed educata. Prosecco, frittura di verdure miste e focaccia bianca, come benvenuto offerto dalla casa. Si, forse il pizzaiolo si è un attimo distratto mentre la focaccia era in forno, ma questione di minuti. Più o meno 3, quelli in cui doveva toglierla prima dal forno. L’estetica dei piatti è curata e anche il loro contenuto non è affatto male. Spaziando tra terra e mare, abbiamo assaggiato tutto, senza nessuna manifestazione di disgusto alla Masterchef. Poi il servizio è stato veloce. D’accordo con 6 clienti la battuta che “gli piace vincere facile” ci sta come il cacio sui maccheroni.

Insomma, fino ai secondi piatti si è sentita la presenza di Cannavacciuolo “in the air”. Poi, al momento dei dolci è sparito. Non chiedeteci come fa un omone così grande a sparire nel nulla, ma fatto sta che la “sbriciolata” era costituita da un cerchio di crema con sopra una spolverata di cacao e due savoiardi spezzati. Abbiamo apprezzato comunque che non sapessero di carne, perchè, vista la consistenza, solo con il coltello da agnello crudo devono essere riusciti a spezzarli.

Alla fine, dunque, niente incubi veri e propri per noi. Certo, se poi la vostra idea di sogno è quella di cenare nel ristorante di Carlo Cracco con lui che vi versa da bere vestito solo di un grembiule, allora c’è un problema. Ma questo è un altro programma.

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Commenti

    • lara
    • 20 Maggio 2013

    allora ho fatto bene!!!penso che ogni chef e o ogni ristoratore possa farsi un controllo di gestione del proprio locale. oggi non si riesce più a capire quello che può succedere e quindi è difficile sapere e capire cosa fare. non è vero che i ristoranti lavorano… pazientare è la parola d’ordine..come in tutti i settori!! anche se ogni sera passo davanti ad un mac donalds e vedo tante macchine!!!!

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