Cavit e La Vis verso le seconde nozze

Fumata nera per Cavit che ieri, dopo quattro ore di consiglio di amministrazione fiume, rimanda a oggi la decisione definitiva sulle modalità di “matrimonio” con La Vis.  In realtà, seconde nozze e pare sia proprio questo il motivo che ha spinto il consiglio del colosso lavisiano a scegliere la proposta di Ravina piuttosto che quella fatta da Mezzacorona. «Sicuramente alla base della scelta ci sono anche i rapporti pregressi con il consorzio di secondo livello», fa sapere il direttore Fausto Peratoner, precisando che però le scelte di questi ultimi giorni si stanno giocando ai piani più alti dei suoi. Ma il neo presidente di La Vis, Vittorio Brugnara, non si sbottona: «Ora non è il momento di parlarne», dice, e si chiude dietro a un rigido no komment. Seconde nozze, dicevamo, perché La Vis fino al 2007 era tra i soci fondatori e più importanti di Cavit, che proprio a novembre di quell’anno aveva deliberato per l’espulsione della cantina adducendo scorrettezze commerciali, in particolar modo riguardanti il cliente storico di Cavit, la Gallo Winery che, ricordiamo, di lì a poco avrebbe annullato il suo contratto di fornitura con Ravina di circa 30 milioni di bottiglie all’anno per riversarlo su La Vis, Nosio ma soprattutto sull’altoatesina Schenk.

«Il cda si è orientato verso Cavit – fa sapere Peratoner – ma non c’è un progetto definito, né da parte nostra né da parte del consorzio di secondo livello, che deve definire anzitutto se restare una società unica o dividersi in due società». Proprio questo era oggetto di discussione nel cda che a Ravina ha trovato animi caldi tanto da prolungarsi per l’intero pomeriggio e richiedere la presenza del presidente della Federazione delle cooperative del Trentino, Diego Schelfi. «Che i marchi di La Vis o che Casa Girelli rientrino in Cavit sono solo lontane ipotesi – prosegue il direttore lavisiano -. Si stanno facendo dei ragionamenti, perché certo ci sono degli elementi di debolezza che dobbiamo migliorare. La strada di andare verso Cavit sicuramente è stata presa per fare un passo concreto, e non solo a parole, per collaborare con il sistema trentino. Un passo indietro per poi fare un passo avanti, insomma. Questi mesi sono stati difficili per tutti, per i soci, per i dipendenti, per chi c’è da trent’anni in azienda come da un anno ed ora spero si possa a lavorare con tranquillità, perché certo La Vis oggi non finisce dopo settant’anni di storia». Ma Peratoner fa anche mea culpa: «Certe cose non siamo stati capaci di gestirle». Un esempio? « Maso Franch, che io ritengo un gioiello per posizione e struttura. Dobbiamo ammettere che non siamo stati capaci di ottenere i risultati sperati. Non per questo, l’idea e l’investimento vanno mortificati. Maso franch può ancora crescere, integrarsi nella nostra attività di promozione e in quella del Trentino». Quanto alla vendita delle tenute toscane di Poggio Morino e Villa Cafaggio, da oggi in vendemmia, «non ci sono delibere di vendita attualmente, ma se si deciderà di cederle mi auguro che vadano in buone mani perché sono realtà eccellenti». Ed un ultimo auspicio, Peratoner lo fa sul piano provinciale per la riorganizzazione del comparto vinicolo trentino: «Quello che ci manca, in regione, è volare alti. Ci stiamo impegnando tantissimo nel quotidiano, ma il piano provinciale penso che debba riuscire a fare un salto in là, altrimenti tra due anni ci ritroveremo con gli stessi problemi».

(mio articolo sul Corriere del Trentino di oggi)

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Commenti

    • Giuseppe
    • 27 Agosto 2010

    Ciao,
    sono Giuseppe, mi piacciono le parole di Peratoner.
    Riconoscere i propri errori e manifestarli pubblicamente non è da tutti, bisogna ammetterlo. Lo dico per quelli che vorrebbero fare tabula rasa degli ex amministratori: nuovo non equivale per forza a migliore, attenzione!
    Vorrei poi chiedere una cosa a “Lavis” da questo blog se mi è consentito.
    Visto che loro lo studio dei terreni lo hanno fatto ancora in tempi lontani ed ora la P.A.T. intende sviluppare questo progetto in tutto il territorio Trentino: vale la pena fare una zonazione? E’ una cosa che può dare un buon riscontro alla cantina?
    Lo chiedo perchè quando in assemblea della mia cantina si proponeva di fare questo studio la risposta dei dirigenti è sempre stata negativa e cioè: è un lavoro inutile, soldi buttati, da altre parti lo hanno fatto ma… Non ho mai capito se questo no era sincero o se invece nascondeva la paura di perdere magari qualche piccolo privilegio…
    Saluti e grazie in anticipo a chi vorrà rispondermi
    Giuseppe

    • Angelo
    • 28 Agosto 2010

    Caro Giuseppe,
    no so se “Lavis” avrà tempo di risponderti (tenere d’occhio e interagire con la rete sarebbe importante quanto la vendemmia o le scelte stategiche aziendali, se lo scopo finale è farsi apprezzare dai consumatori) per cui intanto ci provo io.
    Zonazione: è uno studio per produrre e organizzare per “zone”, informazioni utili per la gestione agronomica dei vigneti e per i procedimenti di vinificazione delle uve, consentendo di orientare e differenziare le scelte colturali e di lavorazione nell’ambito di un determinato territorio e contribuendo perciò a valorizzarlo anche sotto il profilo economico. Questa la definizione.
    La Vis l’ha fatta fra le prime (avendone ottimi benefici), poi quasi tutte la altre Cantine sociali e qualche privato. Peccato che non si sia capito, già allora, che i terreni non sono cooperativi o privati, ma di tutti per cui ora si tratta di prendere la Carta dei suoli che è a macchia di leopardo (fra terreni zonati e non)e completarla.
    La tua Cantina l’ha snobbata? Non ha avuto tutti i torti, perchè troppo spesso queste zonazioni (maledetto pubblico denaro) hanno prodotto un’eccellente broschure che sta su qualche scaffale della Cantina, senza un reale coinvolgimento dei viticoltori. Il tutto avveniva negli anni ’90 in coincidenza (maledizione?) con l’avvio dello sfrenato sviluppo della commercializzazione delle grandi cantine trentine. Zonazione è l’opposto di globalizzazione e noi possiamo scegliere da che parte stare: quella volta abbiamo voluto tanti soldi subito, dimenticandoci del territorio; ora che la “globalizzazione” è ridimensionata, torna d’attualità la politica di territorio.
    In questo scenario va letta anche scelta di La Vis pro Cavit ed il ripensamento di alcuni di Lavis pro Mezzacorona.

    • Dipendente amareggiato
    • 31 Agosto 2010

    Caro Giuseppe,
    sono contento che ti siano piaciute le parole di Peratoner, ma…cosa doveva dire secondo te???
    Pensi che non sia sua (e della dirigenza Lavis) la colpa di questi bilanci che fanno paura addirittura a CaVit?!?
    Pensi che la colpa sia solo di una crisi economica internazionale?
    No caro Giuseppe, non sono d’accordo con te!
    Peratoner (e la sua cerchia) è responsabile e per questo deve pagare. Come? Intanto iniziando a ritirarsi nella propria magione, nella sua tenuta: non deve fare altri danni! e poi risarcendo i suoi datori di lavoro (i soci!) che fin qui lo hanno ben pagato.

    A presto

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